sguardo di Mirko Canesi

Visitando il Villaggio Eni ho avuto la sensazione di entrare in un sito archeologico, come l’operazione di chi scavando riscopre una società ideale e perduta. A differenza degli scavi in cui l’esistenza dei soli perimetri delle architetture allontana dai messaggi originari, il sito di Borca consente invece un recupero quasi totale.Credo che per strutturare un progetto adatto al Villaggio Eni non sia sufficiente affrontarlo attraverso un fitro personale; si rischierebbe di perdere l’origine culturale e sociale di un luogo che si è generato attraverso compromessi politici e collaborazioni con grandi imprese come Pirelli o Ginori. L’artista in quanto intellettuale e pensatore dovrebbe spogliarsi della sua visione personale per poter arrivare a comprendere alcune necessità prioritarie d’insieme. L’artista contemporaneo prima ancora di occuparsi della Creazione di Mondi, dovrebbe riflettere sullo Stato dell’Arte. La costituzione di un gruppo, affrontando i temi da più punti di vista, ben si presterebbe a questo tipo di approccio.In seconda analisi ho riflettuto su quali potessero essere i fattori necessari a riavvicinare le persone a un determinato soggetto. Quali atteggiamenti adottare per poter cambiare il sentimento umano verso qualcosa. Mi sono immaginato che un’azione di sensibilizzazione possa passare attraverso la Conoscenza e il Contatto. Potrà sembrare banale ma è attraverso il contatto che si stabilisce una connessione, è attraverso il contatto che i restauratori misurano l’oggetto, senza un “primo contatto” è difficile compiere passi successivi. Ripercorrere i primi passi partendo da zero, ristabilire un contatto, ricreare familiarità, provare compassione. Attraverso la sostituzione o il riposizionamento di parti mancanti o vandalizzate con nuovi artefatti artistici si potrebbe dichiarare una presa di posizione compassionevole ma disincantata nei confronti di un luogo che diventa non solo archeologia ma emblema ideologico ancora attuale e da rinsaldare, rimarcando così la reale impossibilità o estrema difficoltà nel risanare questo luogo sia dal punto di vista pratico che filosofico. Un ragionamento in tale senso non lo affronto per la prima volta, ho già avuto modo di riflettere su alcune creazioni “alte” dello spirito umano (ad esempio nel caso del milanese Istituto Marchiondi di VIttoriano Viganò) attraverso il mio pensiero sulla natura; ovvero come questa sia sempre vista come l’elemento debole da difendere, e che, sopraffatta dalla cementificazione selvaggia, necessiti di tutele. Raramente ci si concentra sul pensiero opposto, come questa invece contribuisca col tempo al degrado di opere significative prodotte dall’uomo. Quando l’uomo interrompe il suo controllo, tutto ritorna ad essere polvere e vegetazione. Si attua una legge del destino. Si potrebbe quindi affermare che l’uomo ha un potere divino, è in grado di interrompere il ciclo naturale. Ecco, questo potere penso sia la Volontà.

Contatto —-> Conoscenza —-> (Sensibilizzazione) —-> Volontà. Questi gli elementi per ristabilire la possibilità ad abitare un ecosistema.

Mirko Canesi

 

Riflessione generale e idee per Borca
gruppo d’azione (artisti): Mirko Canesi, Fiorella Fontana, Stefano Serusi e Marcello Tedesco.

Come un luogo può ri-vivere?
Essere un museo di sè stesso comporterebbe un totale riordino in senso quasi fotografico delle condizioni di un momento particolare della sua storia, la raccolta senza deragliamenti di immagini ed oggetti che lo riguardano, sino ad un innaturale ed invariabile congelamento in cui si impedirebbe al tempo di creare storie nuove. Si può pensarlo invece come archivio materiale ed immateriale da interpretare e a cui restituire sostanza di nuovi atti e di nuove narrazioni. Pensarlo come ideale teatro di gesti ed opere presentate che non possano essere che per quel luogo, sia perché prodotte in quel contesto che perché mostrate in un irripetibile accordo con l’architettura – e la natura - esistenti.
Visitando il Villaggio Eni, si ha un contatto diretto l’idea paternalistica che ha in passato animato persone come Enrico Mattei, quella cioè di unire la volontà ad un’etica che sintetizziamo oggi come contemporaneamente socialista e cristiana. Accanto ad uno Stato che vuole superare se stesso attraverso il progresso tecnologico, non è secondaria la necessità di concepire un ampio progetto umanistico di cui il benessere del lavoratore e l’educazione dei suoi figli -i futuri italiani- sia la bandiera.
Nel Villaggio Eni, sin dal suo disegno architettonico, è chiara l’idea di fornire ai bambini una colonia vicina alla natura e al tempo stesso protetta dai suoi pericoli, in cui accostare, attraverso un regolare esercizio quotidiano, lo studio alla riflessione religiosa.
Nel nostro sopralluogo, risulta ancora evidente la volontà tipicamente modernista di accostare al processo di formazione luminosità e qualità architettonica, sia negli spazi sia negli arredi che hanno subito riscosso il nostro interesse.
Tra questi i quattro confessionali, ritrovati privi di una funzione nel salone principale, con i quali è nata subito una forte empatia.
In essi abbiamo voluto trovare quell’approccio progettuale che vuole ritornare al singolo visto nella comunità; singolo non tanto soggiogato dalla paura del peccato quanto accettato nella sua individualità e che si accosta più che alla confessione alla confidenza che può diventare, anche e sopratutto, la confidenza di questo luogo verso chi nuovamente ne entra in contatto.
Lo Stato di Mattei – definito dagli stranieri l’Italiano più potente dopo Augusto – è uno Stato dove l’individuo, il suo pensiero, la sua necessità trova ascolto e dove le idee trovano spazio alla loro espressione.
Passare alcuni giorni in un’informale residenza al Villaggio Eni sarà per noi l’occasione di legarci al luogo e di poter in qualche modo seguire la traccia di chi l’ha voluto e di chi l’ha popolato, cercando storie e tracce negli ambienti stessi, da restituire poi con interventi minimi nel luogo e studiandone modalità di riuso temporanee o ancora più ampie e su un piano progettuale utopico che partano proprio dalla sua leggenda.


Mirko Canesi. Fall and Rising, 2013

 

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