Openstudio Fuocopaesaggio: chi c’era, a far cosa, e le foto

Dal 20 al 22 ottobre, l’Openstudio Fuocopaesaggio di Progettoborca ha riacceso gli spazi dell’ex Villaggio Eni, che per la verità nessuno spegne mai (dal 2014 ad oggi).
La Colonia è divampata ancora, grazie alla presenza attiva di tutti.

Tra gli artisti, c’erano Nicolò Colciago e Stefano Comensoli (presentazione di dislivello_project e risulta e ordigno), Marco Rossetti e Andreas Zampella (presentazione del progetto LSF), Simone Cametti & famiglia (grande Studiovisit prandiale in Casa Cametti), Giorgio Orbi (preview documentario INTHEMOUNTAINS allo Studio riallestito in Capanna Bassa), Anna Poletti (#PbLab, al lavoro con i materiali di Lanerossi & Marzotto  –presenti- e Gatto Astucci), Giuseppe Vigolo con Giulia Gabos (stampa sperimentale al Laundry Print Lab), Sandra Hauser (fuoco su Thaumazein in Capanna Alta), Franz Rosati e Marco Cinque (live set alla sala cinema, insieme agli amici cagliaritani di Florio), Fabiano De Martin Topranin, G Olmo Stuppia con Giovanni Rendina (diretta di Radioborcia), Marta Allegri (come sempre operosa alle religiose: di nuovo imbandita la minestra di Loos in cucina), Marcello Caulbu e Giaime Meloni – su edizioni e fanzines, fotografia e stampa (#borcaedizioni); Elisa Bertaglia (ritorno in Capanna Media), Marco Andrighetto (el fungador), e poi Stefania Mazzola e Miriam Montani a muovere i dormitori, tra spolveri azzurri e prati a linoleum.

Interlacciando le fasi, dato che il programma era scandito, ma le cose e le genti si sono incrociate in continuo fluido, spostandosi per i chilometri di corridoi e rampe interni alla Colonia, e nelle sale e nelle Capanne e nei Labs e negli uffici-bookshop, e poi nel bosco e nelle Ville (ipersature): la presentazione di risulta/ordigno ha innescato il bosco, i suoni del dislivello si son sparsi dentro e attorno al bivacco-satellite (Apollo2017), che è un’architettura compiuta, scultura agibile di quadri legati, spazio poetico e tecnico che marca la radura, i cui materiali coloniali saran riaggregati ancora presto, in altra forma e funzione; arrivarci promenando oltre i muri e la frana, è un moto.

Giorgio Orbi ha radicalizzato l’ergonomia originaria della Capanna Bassa, trasformandola in un cronografo slanciato della montagna, lo spazio precisamente raddensato nei quadranti, nell’espansione ascensionale la preview del documentario di #inthemountains, questo film per colonne alternate, come gli apicchi d’attorno.

A Casa Cametti c’erano la stufa incandescente, Simone, Sonia, Mattia e Leonardo, la madre di Simone, Monica, e Nora, naturalmente; c’erano l’amatriciana col guanciale di Amatrice (SANO) e gli arrosticini del macellaio di fiducia di Castel di Lama (Ap), le olive e i cremini, il vino di Siquilini, i salami di Norcia e il pecorino, ancora amatriciano, insieme al formaggio fresco dell’altopiano di Asiago portatoci da Urbano Caregnato ivi giunto a guida del distaccamento Marcesina; e poi c’erano gli ospiti del pranzo, un gruppo eterogeneo di persone, gruppo che racconta ancora il metodo e la genetica interconnessa di DC-PB, persone diverse, curatori e critici e galleristi (Riccardo Caldura e Daniele Capra con Martina e Dario Bonetta), amministratori locali (Bortolo Sala e Nica Bonotto, sindaco e vice di Borca; il vice del sindaco di San Vito; il sindaco di Erto e Casso –poi giunto), i rappresentanti degli enti culturale territoriali, Renzo Bortolot, presidente della Magnifica Comunità di Cadore, Maria Giovanna Coletti, Presidente della Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore, gli scienziati della foresta (Tommaso Anfodillo e signora: Tommaso dirige il Centro Studi per l’Ambiente Alpino Unipd di San Vito), e poi gli amici Alessandro Specogna di Casa Editrice Tabacco, Ennio Santagiuliana e Dario Coaro, di Lanerossi & Marzotto, noi dello staff. Tutti insieme a tavola, e son venuti e si sono intrecciati i pensieri e le idee sulle pratiche con cui zappare e seminare il territorio: che seminiamo, è questo il primo Lab (la mente appiccicosa).

I ragazzi di Napoli hanno riacceso e illustrato il Laboratorio Sperimentale di Fotografia attivato lo scorso luglio nelle celle frigorifere, presentando un videoracconto del progetto (Antonio Longobardi).

Al Laundry Print Lab Anna Poletti ha lavorato duro, con le carte e con le lane (Lanerossi), e con i materiali delle altre aziende partner, come Lanerossi, Gatto Astucci, Repap Paper & People, Lanificio Paoletti, e con i materiali storici della Colonia (le tazze originali Richard Ginori: Evelyn Leveghi a ricomporre la sua). Anche Giuseppe Vigolo e Giulia Gabos sperimentavano nuovi procedimenti di stampa. Intanto Marcello Cualbu ha portato avanti il lavoro editoriale, insieme a Giaime Meloni per la parte compositiva e fotografica: fuori un’altra bella fanzina borcese (Before it was a desert – #borcaedizioni) e sostenuta la fiamma della produzione editoriale e fotografica speziale.

Tutti gli altri artisti intanto riprendevano e spingevano i propri spazi, accogliendovi le persone.
Le sere al cinema, le han fatte Franz Rosati, coi suoi visual irti d’alpi digitali distese a paesaggio, insieme a Marco Cinque, ed ai pro di Florio, che han contribuito a fare del Cinema la pulsar della Colonia, tutto ben fatto preciso e lieto.

Round table di domenica in Aula Magna: Olmo e Giovanni Rendina a spiar tra gli artisti, e insieme a loro han raccontato la propria esperienza nel ventre del mostro. Tra quelli che son venuti belli aperti (non a curiosare, a VEDERE), c’erano Eric Balzan di Hapter con Antonella, i ragazzi di Epoca; il branco di Coesistenza Lab. Cento altri. Lo staff ha girato, come tutto il resto, nell’acceleratore di Borcia.

Le foto sono di: Archivio DC, Nicola Noro, Paolo Dal Pont, Catia Schievano, Brando Prizzon, Studio Mare, Stafano Laddaga, Sergio Casagrande.

Tweet about this on TwitterShare on FacebookGoogle+Share on LinkedIn