Olimpiadi Milano Cortina 2026, un’opportunità di rigenerazione per ex Villaggio Eni e territorio

Olimpiadi Milano Cortina 2026. Il riuso dell’ex Villaggio Eni di Corte di Cadore quale Centro Studi Reattore della Montagna. Un’opportunità intelligente di crescita e rigenerazione per il territorio.
Una riflessione di Gianluca D’Incà Levis, curatore di Dolomiti Contemporanee e Progettoborca.

L’ingegno è vedere possibilità dove gli altri non ne vedono – Enrico Mattei

 

Dal 2011, Dolomiti Contemporanee si occupa di rigenerazione territoriale, attraverso la riattivazione sperimentale di grandi siti abbandonati o sottoutilizzati nelle Dolomiti bellunesi e friulane.
Pensiamo all’ex scuola elementare di Casso, e più in generale al lavoro nell’area del Vajont (altro esempio, il Concorso Artistico Internazionale Two Calls, che condurrà alla realizzazione di quest’opera sulla Diga), e all’ex Villaggio Eni di Corte di Cadore, e al Forte di Monte Ricco a Pieve di Cadore (attivo con DC dal 2018 al 2020), e a numerosi altri siti, una ventina circa, in cui, in questi dieci anni di attività, insieme a moltissimi enti territoriali e partner pubblici e privati, si sono avviati importanti cantieri, culturali e funzionali, che hanno contribuito ad alimentare il dibattito nazionale sui temi di rigenerazione e riuso.

Questi siti mantengono oggi un potenziale logistico e un valore culturale decisamente elevati: è per questo che ce ne occupiamo. Potremmo dir meglio che essi costituiscono una risorsa logistico-culturale, questa definizione è più corretta.
Ed è in qualità di risorsa che essi devono essere riconsiderati, se vogliamo essere, semplicemente, persone serie e presenti: ne va ripensato un uso corretto rispetto alle necessità di oggi.
Nessuno se ne è preso cura, in epoca recente. Il grande sonno. Così, essi continuano a rimanere fermi, come crateri del Paesaggio, potenti quanto inutili. Una gran frustrazione di risorsa, e colpevole.
Cosa è capace di fare, l’uomo? Né la politica, né l’investimento privato, sono riusciti a recuperarli. Eppure essi valgono molto, questo è un fatto indubitabile.
Cos’è mancato, cosa manca? La capacità di pianificazione e progettazione? Un progetto reale, cioè a dire non opportunista, e magari nemmeno un progetto da ufficio tecnico, che spesso è poco più che una vaga espressione da master plan? La volontà, la convenienza? La lungimiranza, la visione? La capacità connettiva?

Questi siti, che costituiscono un Patrimonio ingovernato nel Paesaggio montano, vanno finalmente affrontati razionalmente e responsabilmente, attraverso pratiche dapprima sperimentali, nel caso nostro, e poi, se ci si arriva, strutturali, di rilancio e riuso. Se essi siti languono ancora, ciò avviene perché, fino ad ora, non lo si era saputo fare. Si pensa poco e si agisce male.

A maggior ragione ciò è vero in questo periodo storico, nel quale i concetti di sostenibilità, rigenerazione, riduzione del consumo di suolo, sembrerebbero molto attuali, e vengono ribaditi ad ogni piè sospinto, non solo da ecologisti o altri soggetti, civili o scientifici, dotati di coscienza ambientale, ma anche dai progettisti e dai politici e dalle governance dei territori. Da tutti quanti insomma.
Ma sono effettivamente attuali, questi concetti buoni, o semplicemente alla moda? Le agende politiche, i modelli (anzi: le pratiche) di gestione della risorsa e dello sviluppo territoriale, li tengono realmente in considerazione? O essi rimangono chiusi nei recinti teorici, tra convegni e studi, vaghe speranze e mòniti? E’ chiaro anche questo: alcuni usano questo concetti onestamente. Altri, pur non credendovi affatto, sono costretti ad impiegarli, per aver meno problemi e critiche.
E’ importante saperlo, dove stan precisamente questi concetti, se sono veri o falsi. Ancor più all’indomani degli eventi terribili che alla fine di ottobre 2018, con Tempesta Vaia (qui Cantieredivaia, l’articolato progetto di ricerca inaugurato su Vaia da DC nel 2019, tutt’ora attivo), han fatto scempio della nostra terra, e che ci impongono di reagire a favore della risorsa territoriale, la cui cura deve esser fatta corrispondere ad un’opportunità di sviluppo.

In questo periodo, come tutti sanno, molto si parla e s’ordisce, sulle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. Si costruisce l’evento, anticipato quassù dai Mondiali di sci del 2021, a lanciar la volata.

Ma cosa sono, le Olimpiadi?
Anche qui, la risposta è chiara. Non sono semplicemente un evento sportivo, ma, ancora (e soprattutto?!?), un’opportunità.
Per Milano e Cortina?
Più in generale vorremmo intendere e dire: per l’Italia tutta, e per la Lombardia e le Dolomiti in particolare.
Gli eventi di questa portata, devono contribuire a produrre sviluppo territoriale: a questo, in ultima analisi, essi debbono servire. Infrastrutture, visibilità, turismo, trend di rilancio: l’Olimpiade può essere un grande spunto alla crescita per areee vaste, e per l’intero Paese.
Per intenderci: è l’Olimpiade che, se ben gestita, dovrebbe costituire un servizio a favore del territorio. E non il territorio a servire l’evento sportivo. Pare semplice no?

Come abbiamo già spiegato, Dolomiti Contemporanee è un soggetto che ogni giorno, da anni, opera responsabilmente, insieme a centinaia di altri soggetti pubblici e privati, alla cura del territorio, e alla valorizzazione funzionale di Beni ad alto potenziale che languono nel Paesaggio dolomitico, e che possiedono caratteristiche di riusabilità che vanno quantomeno valutate nella loro potenzialità, e prese in seria considerazione, anche rispetto all’evento del 2026.

Pensiamo dunque all’ex Villaggio Eni di Corte, a Borca di Cadore, ad appena diciotto chilometri da Cortina d’Ampezzo.
Culla del modernismo e di una visione innovativa d’Italia, la straordinaria creatura di Enrico Mattei ed Edoardo Gellner è ancora oggi perlomeno tre cose: il simbolo di un’epoca in cui il nostro Paese funzionava e innovava davvero, imprendendo nel mondo, nella cultura, nell’architettura e nel design, nel business; un’opera d’arte, d’architettura e di eccezionale sensibilità ambientale; una notevole volumetria disponibile, anche, che potrebbe ospitare migliaia di persone, e sul quale è già attivo, dal 2014, un importante cantiere di rigenerazione, attivato da Dolomiti Contemporanee insieme alla Proprietà Minoter, Progettoborca appunto, con all’attivo centinaia di collaborazionoi e produzioni, due Biennali di Architettura a Venezia, e mille altre cose e progetti, basta vederli, basta guardarli.
E’ dal 2014 (!) che intavoliamo pubblicamente la riflessione su questo come su altri siti ad alto potenziale, immobili nel Paesaggio dolomitico. Pensiamo al Trampolino Italia di Zuel, simbolo delle Olimpiadi invernali del 1956, e quindi, non solo idealmente, tedoforo naturale di quelle del 2026, come tutti possono facilmente comprendere (ma, anche qui, oltre che un’icona, un volume riusabile e riprocessabile funzionalmente, che però fino ad oggi è stato, pure lui, spento).

L’ex Villaggio Eni di Borca dispone di strutture inutilizzate, o solo parzialmente utilizzate, per diverse decine di migliaia di metri quadri. Come l’ex Colonia o l’attuale Residence Corte.
Lo stesso Gellner, tra gli anni ’70 ed i primi 2000, elaborò una serie di progetti di adeguamento e completamento di alcune di esse nella prospettiva di una futura Olimpiade.

Ora ci domandiamo, riprendendo quei temi cari a tutti (sul serio?), quelli dell’economia di spesa e di suolo, della sostenibilità, della compatibilità ambientale, dell’opportunità responsabile della rigenerazione di una simile gemma del Patrimonio culturale, storico e d’architettura: non sarebbe il caso di compiere una valutazione approfondita e accurata di questo sito unico e del potenziale che esso può mettere effettivamente a disposizione in questa circostanza?
E dell’opportunità di sfruttarla, questa circostanza, per rigenerare queste ed altre strutture, il cui valore bisogna saper leggere, scorgere?

La valutazione va compiuta ora: cosa aspetti? Non essere incerto, né tantomeno pavido: con il bene pubblico.
Il potenziale va valutato ora, prima di prendere altre strade.

Dal nostro punto di vista, i criteri della sostenibilità troverebbero piena applicazione in quest’opzione di riuso, che, con le dovute cautele e tutele, è di certo possibile. Viceversa, la realizzazione ex-novo di una serie di strutture temporanee, atte ad accogliere millequattrocento persone, a Fiames, dovrebbe tener conto già da ora di tutti i temi e le problematiche, in genere assai poco sostenibili, connessi alla sua riconversione o smantellamento all’indomani dell’evento. Da una parte c’è un’idea. Dall’altra c’è un prato, anni di ritardo e mancata progettazione.

D’altro canto, è evidente come il tema del post-Olimpiade vada considerato attentamente anche nell’opzione dell’ex Villaggio Eni.
Nemmeno qui avrebbe senso infatti restaurare le strutture solo nella prospettiva del 2026, anzi: questo va assolutamente evitato.
Bisogna sin da ora definire quali funzioni tali strutture potrebbero accogliere negli anni successivi, trovando per esse la destinazione d’uso ottimale.
Se ciò risultasse possibile, l’evento sportivo avrebbe raggiunto diversi obiettivi: quello di produrre sé stesso; quello di rigenerare un Bene cospicuo e inesausto, che è anche un’infrastruttura dal grande potenziale attrattivo; quello di produrre sviluppo e servizi; e molto probabilmente anche quello di ridurre la spesa e il costo d’investimento dell’evento 2026, rispetto a quelli necessari alla costruzione di una stazione ex novo, visto che questa esiste già.

Su quale potrebbe essere la destinazione plausibile dell’ex Villaggio Eni, all’indomani dell’evento sportivo, anche a tal proposito riflettiamo e lavoriamo da anni. Riflettiamo, scriviamo, comunichiamo pubblicamente, coinvolgendo in questo dibattito, attraverso le attività innumerevoli che svolgiamo in Progettoborca, paesaggisti, architetti, Università, amministrazioni ed enti territoriali, aziende, partner culturali, dall’area locale, dalle Dolomiti, da tutta Italia e dall’estero.

I funzionari ed Assessori della Regione del Veneto, son venuti negli anni (dal 2019), su nostro invito insistito, a visitare l’ex Villaggio Eni, appunto per valutarne il potenziale nella prospettiva di Cortina 2026.
In ognuna di queste occasioni, abbiamo proposto le nostre chiare idee ai governanti, ai commissari, ad alcuni politici romani.
Poi son sono venuti il Ministro Federico D’Incà con il Presidente Roberto Padrin, e alcuni membri della Fondazione Milano Cortina, e il Commissario alle infrastrutture, e alcuni Onorevoli, e il Presidente Roberto Ciambetti.
Qui e qui e qui i resoconti delle visite di D’Incà e Ciambetti, che hanno dato seguito alla propria visita con comunicazioni ufficiali e apertura: di ciò  li ringraziamo, altri non se la sono sentita di dire una parola, quella invece che ci si aspetterebbe da un amministratore della cosa pubblica, dato che noi non siamo un interrogatore privato, ma un’istanza risorgiva dello stesso territorio, che rappresentiamo.

Il ragionamento su Borca è complesso, e difficilmente sintetizzabile qui. E’ tuttavia evidente che l’ex Colonia in particolare, con i suoi oltre 20.000 metri quadri disponibili, originariamente dimensionata per ospitare 1.000 persone, e attiva fino al 1991, è la struttura principale su cui ragionare (ma non l’unica. Ad esempio, il Villaggio possiede un’ulteriore potenzialità edificabile).
Essa, con Progettoborca, è divenuta un grande cantiere della produzione artistica e culturale, uno dei più sperimentali e rinnovativi d’Italia. La cultura è uno dei grandi elementi storicamante costitutivi di questo luogo, il cui valore è pubblico e non privato.
L’ex Villaggio Eni di Corte, un po’ come le Dolomiti Unesco, è Patrimonio comune, appartiene al territorio, e quindi ad ognuno di noi, e ad ogni uomo attento (gli uomini sono attenti oppure distratti).
La cultura d’attivazione poi, è un motore potente.

La Colonia e il Villaggio potrebbero dunque domani accogliere, oltre ad un centro di attivazione culturale per il territorio (sale pubbliche, spazi culturali, laboratori artistici e d’architettura, Concerti – nella Chiesa di Nostra Signora del Cadore), altre attività utili alla valle e alla Provincia, connesse a servizi sociali di vario tipo (esperienze di formazione legate alle aziende, all’ambiente, alle scuole; palestra, ristorazione), grandi eventi, e molto altro. Insieme alle attività di ricerca di alto profilo, data l’ampiezza dello spettro d’attrattività del sito, che, in virtù del suo valore intrinseco, esubera ampiamente la dimensione locale.

Da diversi anni sviluppiamo l’idea di trasformare l’ex Colonia di Corte in un Centro Studi Reattore della Montagna, uno spazio eccezionale dedicato alla ricerca dei territori alpini e delle Dolomiti in particolare. Al tempo stesso, dato che non siamo teorici ma operativi, costruiamo le relazioni che possano concorrere al raggiungimento di questo obiettivo finale, che, tra l’altro, interseca un altro tema, periodicamente trattato dalla stampa, per. la verità, fino ad ora, in modo piuttosto confuso: quello della realizzazione di un’Università della Montagna nella Provincia di Belluno.

Un grande centro pruridisciplinare, al tempo stesso catalizzatore ed estroverso, che potremmo definire anche, con un’altra espressione sensata, una Scuola del Paesaggio (School of Landscape), capace di accentrare qui competenze e lavoro, ricerca e formazione, funzioni e servizi connessi alla cura, alla manutenzione, alla ricerca e allo sviluppo del territorio, all’interno di un progetto culturale adeguato, e di concerto con le altre amministrazioni comunali di valle, con gli enti territoriali e le Università di riferimento, soggetti locali, veneti, italiani, internazionali. Un Centro servizi e ricerca, catalizzatore di necessità disattese che qui potrebbero finalmente trovar spazio (i servizi, appunto), insieme ai dispositivi scientifici e creativi della ricerca, senza i quali la terra sarebbe una superficie brulla.
Questa rete ampia di investitori, culturali ed economici, professionali e legati alla formazione, è l’architettura del sistema del riscatto. Essa viene prendendo forma, altrochenò.
L’università degli Studi di Padova, L’Università di Architettura di Portsmouth, insieme ad una decina di Università Internazionali (New York, Texas, Miami, Auckland, Vienna) legate ad Architettura, progettazione sostenibile, cambiamenti climatici, natura e ambiente, sono già coinvolte.
Il progetto del Centro Studi viene sviluppato (2020/21), anche all’interno del Tavolo di Confronto del Settore Primario della Regione del Veneto, condotto dalla dott.ssa Giulia Ruol.
Tra i suoi sostenitori attivi, il professor Tommaso Anfodillo, Dipartimento Tesaf Unipd, gli architetti Simone Sfriso e Alessandro Melis.
Nel 2021, questa idea è stata presentata anche nel progetto IDEAS of Italy, a cura del Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale,  e in Comunità Resilienti, titolo del Padiglione Italia alla 17.a Biennale di Architettura di Venezia (qui invece la nostra presenza alla 16a Biennale di Venezia, Arcipelago Italia).
Le Università, insieme al territorio, agli enti di sviluppo e alle aziende, hanno interesse a sviluppare, nella Colonia di Corte di Cadore, attività connesse alla ricerca sul territorio e alla formazione didattica (Summer Schools), ed anche a investire risorse economiche per concorrere al suo recupero.
E l’Olimpiade? Ha mai risposto a tutto ciò? No, non l’ha fatto.
I soggetti e gli enti coinvolti possiedono le competenze necessarie ad affrontare i temi connessi al contesto e alla specificità ambientale: il paesaggio, la montagna, il bosco, l’architettura, la rigenerazione e via dicendo.
In questo quadro, abbiamo chiesto (dal 2018) alla Regione e al Governo di venire a vedere, e di valutare l’intelligenza di questo progetto, che corrisponde ad una visione di responsabilità pubblica a favore del territorio.
Se, infatti, l’obiettivo finale fosse davvero condiviso da tutti, e si volesse realizzare questo Centro Studi sulla Montagna a Corte, allora il riuso temporaneo di alcune parti del Villaggio di Corte nell’occasione dell’Olimpiade del 2026 diventerebbe un altro strumento, rilevante, a favore dell’operazione. L’Olimpiade, sport a parte, darebbe un impulso concreto alla rigenerazione del territorio e al suo sviluppo, consentendo di gestire una fase del programma di riavviamento del sito. L’uso degli spazi coinvolti nell’evento sportivo sarebbe solo temporaneo, una fase della transizione verso la destinazione d’uso definitiva, il Centro Servizi e Ricerca Dolomiti, appunto.
Una scintilla, una start-up, una prova di capacità di programmazione e di visione organicamente costruttiva, un’Olimpiade capace di porre anche i temi sostenibili della rigenerazione territoriale e del patrimonio.
Ci pare evidente che le due visioni sono diverse: un’Olimpiade che salva patrimonio consentendo al territorio di riorganizzarsi? O un’Olimpiade che ci porta a urbanizzare un prato per realizzarvi una struttura temporanea (a differenza delle opere di urbanizzazione, che restano a terra), che comunque costa milioni, e che andrebbe poi, a marzo 2026, almeno in parte, già smantellata?

Un progetto ambizioso, il nostro, naturalmente, articolato e complesso, tutto da definire, ma che ha di certo senso immaginare, in virtù delle caratteristiche e potenzialità e vocazione di questi spazi eccezionali di Corte, e disponibili. Potenzialità che tutti dovrebbero conoscere, e che non dovrebbero venire ignorate.
E’ una cosa difficile da fare? Certo, come tutte le cose significative. Vogliamo dunque accontentarci di meno? Ciò che avremo sarà quel che avremo meritato.

Chiariamo anche questo: non stiamo parlando in alcun modo di Borca in antitesi a Cortina. Stiamo parlando delle risorse disponibili, a tutti e per tutti. La proposta della rigenerazione non vuole essere ottusamente oppositiva, qua si ragiona con gli altri. E però, chiediamo: sappiamo guardare al territorio come ad un continuum? Noi lo facciamo sempre. E’ evidentissimo come siano Milano e Cortina i due poli del gioco. Ma l’evento del 2026 deve poter invece essere “speso” in termini d’investimento migliorativo, per un territorio più ampio. Occorre un pensiero aperto, di respiro ampio.
Noi lo stiamo facendo, avviando una dialettica che, attraverso arte e cultura e progetto e pratiche, metterà in relazione diversi centri e spazi milanesi con la costellazione di spazi dolomitici riusabili su cui DC lavora da anni (non solo Borca).

L’ex Villaggio Eni e l’ex Trampolino Italia di Zuel sono pure loro, se sappiamo guardare alle cose, un valore disponibile straordinario. Non occorre essere uno specialista dell’architettura per saperlo. Questa verità è generale, non particolare. Basta avere una minima coscienza del valore delle cose, e magari anche della Storia d’Italia, per saperlo. Ma questo valore non coincide affatto con una virtù gentilizia d’altri tempi, con l’aura d’una storia passata: esso reca invece, tra le doti, una cubatura e delle funzionalità potenziali rilevanti.

Il territorio è una comprensione organica, non una successione di punti slegati e antagonisti. Non si tratta qui di spostare una cosa da Cortina a Borca. Non c’è alcuna cosa da spostare qua. C’è invece sempre, quando si è in grado di generarla, la possibilità di una visione generale, complessiva. Che talvolta diviene corretta, quando sa essere ampia e puntuale, ovvero non dispersiva, ed a quel punto fa il bene di molti, amplificando la portata del moto virtuoso.

Sapremo, tutti insieme, elaborare una strategia condivisa in tal senso, e accingerci a quest’impresa grande, che non riguarda un paese, ma un territorio intero?
Sapremo cogliere l’opportunità olimpica per ristorare i nostri territori e le loro stazioni fossili ad alto potenziale di riuso, dimostrando visione, capacità prpgettuale, attenzione e responsabilità?
Dolomiti Contemporanee ribadisce l’opportunità di questa riflessione, invita tutti a pensarci, e, come sempre, si impegna a proseguire nell’azione di sensibilizzazione, e nel muovere concretamente gli strumenti della cultura-motore.

Gianluca D’Incà Levis (questo testo è stato pubblicato per la prima volta nel 2015, e poi a più riprese aggiornato).

Gianluca D’Incà Levis è ideatore e curatore di Dolomiti Contemporanee e Progettoborca, direttore del Nuovo Spazio di Casso al Vajont.

 

A questo link un servizio della RAI sul tema, andato in onda il 18 gennaio 2019 su TGR Veneto e TG3.

 

Immagini:  1) L’Aula Magna della Colonia dell’ex Villaggio Eni di Corte, riaccesa da Progettoborca, con l’Antelao sullo sfondo. Foto Giacomo De Donà.  2/3) Immagini d’epoca da Il Gatto Selvatico, 1956 (Fonte: Archivio Progettoborca). 4) La Colonia oggi, un laboratorio di produzione culturale, artistica e scientifica aperto sul Paesaggio. Foto Mattia Rizzi. 5) (E. Curtius 1875), gli scavi di una parte del Tempio di Zeus nella città greca di Olimpia, dove, 3.500 anni fa, nacquero i giuochi.

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