Alito, 23 maggio 2025. Foto Teresa De Toni
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Non ha crucci questo Padre Di Famiglia.
Ma quale Padre o Maestro Imperatore.
Già tutto è franto e ridisaccorpato in K.
Sfondato carapace, espansa così la coscienza nello spazio, spandiamo noi stessi nel resto senza però perdere bandolo critico, sapendo che se lo sguardo corre si allarga e comprende, escludendo accidia e pochezze.
Il finto padre dunque (tutti i veri padri o presidenti son fratelli in realtà, pur agili, e serve, nella contundenza capsulare, schermo all’amore), che è l’apice di un movimento organico radicale e buono, già luma il Prossimo s-frantumato Villaggio, l’occhio teso sottile, come l’orizzonte là in fondo.
Questo falso padre ordinato dell’urlo (di pietra) racchiuso gabbiato (Bacon) è invece piuttosto felice e allargato, dentro.
Che anche ieri alla Bagagliera circolavano i filamenti intelligenti aderenti di questi ragazzi uomini, che non son Trottole di Favoletta, né Patrocinatori d’una veneranda saggezza letteraria, ma crani aperti fumiganti che secernono e succhiano, ognuno al suo ritmo particolare, dolce, pieno, scarnificante.
Insomma c’era fame costruttiva alla Bagagliera, tra Malutti appercettivi e amici addivenuti, tra i quali anche il primo lotto/falange degli artisti/fonditori menati da Lorenzo Lunghi qua da Italia Svizzera e Francia, da iersera han ripreso posto al Campeggio e al laboratorio di fusione & altre pratiche nella Colonia alta.
Ma insomma e con un poco d’ordine.
Iersera, vendre 23 maggio 2025, si è aperto il secondo ciclo d’onda di Fondazione Malutta all’ex Stazione ferroviaria di Borca. Il primo era venuto lo scorso anno.
Alle 19.00, Alan Silvestri e Jonathan Colombo d’Odradek hanno spalancato le fauci tremagliere della Bagagliera, questa bocca per lungo tempo suturata, diciamo, che di nuovo s’è schiusa, e la prima cosa che abbiamo visto spandersi liquida fuori da sotto per l’attorno-paesaggio, mentre s’alzava sfarragginando incerta la lingua basculante di sta casa indesolata, è stata una lingua di fumo bianco vapore, come se un’eterna croda di rupe avesse finalmente liberato crepa, per sforgare gli umidi atavici e così via.
Da quella fessura, e poi, da sopra, sono uscite biglie pinte, rotolate sul pratello (una), mentre al cielo son saliti palloni grigi d’elio, grigio piccione.
Anticipato da un rumor di frastuono crescente, è uscito il fumo, questo suono a portare i primi sferragliamenti metallici e fischi e singhiozzi di progressione a vapore, si saldava a quel glifo sintetico di logo che campeggia al centro della facciata bagagliera, istoriandola della propria storia autoferrotranviaria, altrochenò.
Le Bagagliere bandonate divengon spesso grandi nidi di piccioni, dipinti dai guani grigi screziati di bianco, a percolare per linee raddense giù dalle nicchie finestre a fildimuro (shit dripping).
Alan e Jonathan, che sono pittori, lavorano insieme a Milano, alla Fondazione Luigi Rovati, dove immaginano e progettano e realizzano spettacoli di Teatro dei burattini.
Han portato qui un’impianto scenico dunque, con quest’idea:
metter fuori un ALITO, la cui lingua mutante ha generato due grandi MANI erettili.
Loro stessi le mani, le mani della Bagagliera, organica creatura sospesa, finalmente in fase di risveglio, tra le polveri e i filologici cigolii binarii a martello.
I burattini, fattisi angeli o icari, dedalici, naucratici, allestiti in questi costumi pesanti alati pinti, una congerie di FRAMMENTI sfilacciati, per l’appunto quel trasformativo accrocchio polveroso di Rocchetto su Bacchettine che si diceva, sono usciti. Strisciando, ondeggiando, aprendo, rotolando, slogandosi le anche, svolando in terra, librando, anelando e faticando. Dopo un tempo lungo, o lunghissimo? di stasi, d’attesa, i due figuri rifiguranti, eccoli usciti, in preda alla luce e all’aria, a cercare di comprendere lo spazio, riesistentivo, e di andare, e un orientamento, per un movimento, finalmento.
Ma in quel momento, da un altro luogo (dal corpo principale della Stazione), è venuto alto un altro frastuono di sferraglie, e questo secondo rumore sovrastante s’è agganciato al primo bagagliero, confondendolo, saldandovisi, duplicando il ritmo, amplificando l’entropia acustica, il caos stereofonico.
I due fantocci animati animali di mano alati, mobilissimi nelle loro andature prossimative, gobbe, storte, ascendenti, teatro di figura montato qui in natura, han fatto il periplo della Bagagliera, uno per parte, si son rotolati sul nastro della ciclabile, han risalito il declivio prativo, di son ricongiunti tra le zecche (come loro ma loro più grandi, ha detto Marcella).
Poi, completata questa esplorazione, i rocchetti, coi musi neri fulischi, son rientrati nelle grotta bagagliera, richiudendovisi.
L’Odradek, infallibilmente, torna in casa nostra, dice il padre.
Eppure, lo sappiamo, questa casa non è nostra, non è nemmeno una casa questa, che pure è di tutti.
Non l’hanno aperta per loro stessi, Alan e Jonathan, né per noi.
L’hanno aperta, questo è.
Dove abiti?
In realtà, non c’è dimora.
Ecco perché c’è apertura.
Poi forse finiamo il testo, ora via.
Fino a martedì, trovate Alan e Jonathan in Bagagliera, con un suono, e loro lì a parlare.
Firma, grazie.
Da mercoledì (28 maggio 2025), Malutta proporrà in Stazione la seconda sua e nostra cosa: il workshop di disegno e pittura “Officina dell’Anima Ex voto bellunesi”, a cura di Ariele Bacchetti e Anastasiya Parvanova.
Poi altre due mostre, qua tutto il programma.
Ancora un attimo.
La Stazione di Borcia è quassotto, a poca distanza dalla Colonia di Corte.
Colonia.
Penale si vedrà poi dove arriveremo coi vandali, non c’è spazio ora qui per quest’aggettivo attributo recrudescente, questa macchina (noi) è rotolata ora quel poco piussotto.
Davanti alla legge, loro.
L’ALITO iersera si è spanso ancora, dopo la performance.
Alan e Jonathan son come gli altri Malutti (Marco, Ronchi, e cos’ via). Inevitabilmente Grandistanti, codesti bencercanti, da ogni tignosità, come quell di Michael Beard, Michael Beard, ci riporta ad Huxley, ed Huxley ai Paradisi Remiganti, che senza colpo d’ala e l’anima sversante dall’occhio fisso non è possibile librare spazio, mentre iersera ancora si è spostata l’aria, di nuovo, come accade ogni volta che DC muove il capo pesante leggero, e lo stesso vale per Malutta, e insieme come separati, abbiamo detto, Si Apre Tutto, questi sì son Centri di Ricerca per le Energie Rinnovabili, puoi dire. Tutto quel che vale d’essere aperto, e solo nel modo opportuno (la prevalenza necessaria del Come sul Cosa è ovunque se non sei un piccione esalante in una Bagagliera Frantumante; è una delle cose ben dette dal Fedro di Pirsig questa).
Abbiamo parlato di Mann, di Melville (troppo poco), di Bernhard, di Walser, di Kafka, contro Messner, e, dopo che il Fochista (Thomas) ha avvampato i popcorn, siamo andati a leggere, bere, dormire, pensare, scrivere.
Poco giù nelle valli le prime lucciole.
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