Workshop: Riparare, prendersi cura

Workshop a cura di Marta Allegri (docente di Tecniche Plastiche Contemporanee all’Accademia di Belle Arti di Venezia), patrocinato dall’Accademia di Belle Arti di Venezia.
30 agosto – 6 settembre 2015
Colonia ex Villaggio Eni di Borca di Cadore.

Studenti:
Bruno Amplatz, Sofia Bonato, Cristina Calderoni, Ilaria Fasoli, Annamaria Maccapani, Miriam Montani, Aran Ndimurwanko, Giulia Sacchetto, Giovanni Sartori, Rob van den Berg.

RIPARARE, Prendersi cura.

Non è una novità che gli artisti abbiano la capacità di coglier valore dalle cose scartate, abbandonate.
La Colonia di Borca è un luogo dove un grande progetto legato alla storia economica d’Italia ha smesso di funzionare.
In questi ultimi 30 anni, abbiamo un po’ alla volta perso la nostra capacità di trasformazione del territorio attraverso la cura e la manutenzione, favorendo al contrario demolizioni e ricostruzioni ex-novo. L’incapacità di valutare questa azione del riparare nella sua complessità, è il filo conduttore di questa residenza.
Riparare quindi come una risorsa necessaria a un cambiamento che prenda in considerazione il paesaggio, la storia, e che sappia andare oltre all’esclusiva utilità economica.
Non si ripara perché non conviene, o, ancora peggio, perché non ne siamo più capaci.
Anche i materiali che abbiamo cominciato a usare per costruire non hanno una storia di rigenerazione compatibile e sono di difficile gestione nelle mani del singolo, ci dobbiamo sempre affidare ad altri.
Disfare e demolire sono due parole nettamente distinte. La parola disfare è molto vicina a riparare: ti permette di ritrovare un filo conduttore delle cose, di seguire un percorso già fatto prima di te, di sviluppare le capacità del pensiero.
Prendersi cura comprende altro, il camminare e il raccogliere, ad esempio.
Azioni che ci appartengono culturalmente, ma che non svolgiamo più nel tempo sottratto della nostra quotidianità, e che creano un vuoto, una voragine, un senso di perdita, e che hanno molte implicazioni con la nostra storia di uomini su questa terra.
Raccogliere i vetri rotti persi tra la terra e le piante: il pomeriggio del primo giorno di Residenza.

Marta Allegri

Il 4 settembre, all’interno del workshop, si è svolto un seminario, tenuto dal professor Riccardo Caldura che, presso l’Aula Bassa della Colonia, ha tenuto agli studenti e agli ospiti una lezione dal titolo La cura delle cose. Aspetti della ricerca contemporanea:
Che cosa viene coinvolto in quel particolarissimo modo di procedere produttivo che si attiva nella composizione di un lavoro artistico? Quale la relazione che si viene definendo rispetto ai materiali coinvolti nel processo, al contesto e alle condizioni specifiche che offrono lo spunto per il fare? L’esito di questo processo a volte è imprevedibile anche per chi lo attiva, ma nondimeno questa imprevedibilità è quel che spinge e motiva la ricerca stessa.

Riccardo Caldura

 

Sofia Bonato, Print Lab
Colonia, Stireria, agosto 2015

Sofia propone di dar vita ad un laboratorio sperimentale di incisione e di stampa negli ambienti della Stireria della Colonia, con macchinari ed oggetti lì rinvenuti, rigenerati a nuove funzioni connesse appunto alla stampa.
Alcune vecchie teglie da pizza trovate negli armadi sono divenute le prime lastre da incisione. La sezione di un palo di cemento trovato all’esterno della Colonia è stata usata per la pressatura.
Per il futuro, il progetto di usare la grande stiratrice, ferma da anni, come un torchio da stampa, restituendo così al macchinario una vita meccanica.

Sofia Bonato

Bruno Amplatz, Aran Ndimurwanko, La stanza delle infermiere
Colonia
, Infermeria, agosto 2015

Nel padiglione infermeria della Colonia, tra il rigore delle stanze dominate dall’abbandono, il nostro intento è di riportare la vita. Una vita immaginata che si rivela attraverso il ricordo e la presenza, nella stanza, luogo di intimità e riflessione.
Aran e Bruno, alle prese con il pavimento di una delle stanze, iniziano dalla riparazione di un buco per poi costruire un ambiente domestico con materiali di risulta, ricondizionando lo Spazio. Utilizzano esclusivamente pezzi di legno trovati nei magazzini della Colonia (comrpesa una piccola icona). Rivestono il fan-coil, realizzano una seduta, e restaurano un mobile tirolese trovato in uno scantinato. Il mobile era stato tagliato in due parti con una flex (così si usa, quando non passa da una porta). Alla fine, l’effetto è quello di entrare in una stube.
Ambiente terraformato.

 

Cristina Calderoni, Work in progress
Colonia, esterno Alloggi delle Religiose, agosto 2015

L’elemento architettonico più interessante della Colonia è il vuoto situato alla base della struttura per far scorrere la frana o l’acqua in eccesso. Fondamentale ma di passaggio.
La scelta dei questo spazio è generata dalla necessità del fare: l’interno entra nell’esterno e viceversa. In continua osservazione, inevitabile l’analogia con le finestre delle rampe.
Tutti i materiali usati per la costruzione sono stati recuperati dalla discarica locale del ferro.
La priorità è ridare funzione, in relazione alla luce e al luogo.

Cristina Calderoni

 

Giovanni Sartori, Ilaria Fasoli, A reconstruction of the site’s memory made of local materials
Colonia, Gabbia dell’Orso, agosto 2015

Prendersi cura della memoria di una delle aree più singolari del sito: la celebre gabbia dell’orso. L’architettura costringe entro un insieme di linee rigide, rievocando la presenza del plantigrado. Un manto vegetale composto da diverse tipologie di aghi di conifere posto all’interno della gabbia ricorda la presenza dell’animale.

 

Ilaria Fasoli, (Senza titolo)
Colonia, Dormitori, agosto 2015

Dietro al complesso dei dormitori, nella zona ovest della Colonia, una particolare cromia degli intonaci nei toni del giallo e del rosa catturano lo sguardo suscitandone l’idea di un osservatorio fotografico. Uno sguardo verso la natura e l’architettura del luogo che la fotografia permette di documentare, conoscere, comprendere. Ai lati della gradinata è inoltre presente una rigogliosa flora di muschi, licheni e fiori di Carlina; l’intento è quello di ampliare ed accentuare la crescita del fiore locale curandolo come un giardino proprio, personale e intimo.

Ilaria Fasoli

 

Rob van den Berg, Two steps
Colonia,
Tetto, agosto 2015

Grazie ad un approccio di recupero, appare interessante riflettere sullo spazio a partire dal riconoscerne la potenzialità relazionale. Partendo da questa complessità intrinseca propria dei luoghi, si è scelto di porre l’attenzione sul gesto del vedere, atto primo della relazione tra l’io e l’altro. Ripulendo al meglio gli spazi dei tetti della Colonia si apre la possibilità di guardare le tracce del tempo trascorso incise nel ferro dagli elementi naturali.
Attraverso una semplice azione di pulizia si suggerisce il passaggio tra l’atto del guardare e quello del vedere, inteso come momento fondante di una percezione consapevole.

Rob van den Berg

 

Le stanze da letto degli alloggi delle religiose erano immobili, polverose, da anni. Ora il luogo dei sonni d’un tempo si trasforma in uno Spazio d’azione.
Annamaria Maccappani e Giulia Sacchetto, Miriam Montani, Rob van den Berg, stanno lavorando in queste stanze. Ognuno di loro ha allestito un tavolo, utilizzando per essi materiali disparati, trovati nella Colonia.
Su questi tavoli, altri oggetti e frammenti minuti, anch’essi rinvenuti qui, vengono ripensati, riprocessati.
Ogni materiale, ogni pezzo, ogni atomo, qui al Villaggio, mantiene e porta in sé il senso dell’impresa che esso costituì. Ogni operazione di cura, e riparazione, è una dichiarazione che nulla, di ciò che fu, è andato perduto in un passato immoto, perché la storia è un corso, e questo corso vien ripreso e sospinto.

 

Rob van den Berg, Tavolo
Colonia, Alloggi delle Religiose, agosto 2015

Questo spazio di lavoro improvvisato presso gli Alloggi delle Religiose offre una certa comprensione della ricerca fatta qui, soprattutto in merito ai frammenti variopinti di intonaco: in uno sforzo per capire e indicizzare l’uso estensivo del colore da parte di Gellner, ho esplorato la Colonia alla raccogliendo piccole raschiature dalle pareti. Cercando colori nascosti e rari, ho visto gli edifici da prospettive differenti, anche letteralmente, come potrebbero esser visti durante un gioco di bambino. Molti giovani hanno trascorso le loro estati qui, alcuni un po’ meno volentieri di altri. Ricordi sono stati incisi e cartoline sono state inviate. Per il momento la ricerca e il conseguente lavoro non sono ancora completi.

Rob van den Berg

 

Annamaria Maccapani, Giulia Sacchetto, Tavolo
Colonia, Alloggi delle Religiose, agosto 2015

La volontà di ricavare in una struttura così vasta uno spazio intimo e accogliente sul quale concentrare e sviluppare gli stimoli da esso suscitati.
Così le stanze da letto si sono trasformate in luoghi d’azione e creazione. I letti, strutture per il riposo, sono stati riallestiti, diventando un tavolo da lavoro dove si sono iniziate le prime piccole riparazioni: i frammenti di vetro torneranno a comporre uno specchio, una sedia rotta tornerà a svolgere la sua funzione originaria.

 

Miriam Montani, Diari di Bordo 1960 – 2015
Colonia, Alloggi delle Religiose, agosto 2015

Il progetto Diari di Bordo 1960 – 2015 prevede il ripristino di una vecchia macchina da scrivere Olivetti del ’73. Ed è precisamente attraverso questa macchina che vengono ora scritti appunti, memorie e suggestioni colte nella Colonia, durante il primo periodo di residenza e nelle fasi successive del lavoro che verranno poi.
Inventando brevi storie, prendendo come riferimento documenti chiusi negli armadi della Colonia negli anni in cui la Colonia era attiva, insieme a riflessioni estrapolate dai diari di Gellner, si rigenereranno attivamente alcune delle memorie sopite in questo grande sito che rinasce.

 

 

Foto: Giacomo De Donà, M. Allegri, I. Fasoli, M. Montani, R. van den Berg

Tweet about this on TwitterShare on FacebookGoogle+Share on LinkedIn