Silvia Listorti / Crocevia

Crocevia, Cappella delle Religiose, Colonia ex Villaggio Eni di Corte di Cadore, Borca di Cadore (IT); terracotta, roccia ignea, vetro, gesso al quarzo, gomma siliconica al platino, cemento, sabbia di fiume dimensioni determinate dall’ambiente, ottobre 2022 (Openstudio Tromamotel).

Sta in prima battuta nel gesso; polvere bianca, che riscalda e fa presa
Le opere sono come parole di un discorso: ognuna è un’entità a se stante che insieme alle altre costruisce un’altra entità. E così, mentre stavo all’interno dell’area mi scoprivo capace di resistere agli sbalzi termici, e mentre lavoravo mi pareva che era di fatto la mia gestualità che cercavo di scoprire. Cercavo di scoprire la forza costruttiva del gesto nella materia. Come a compiere un processo di decostruzione e poi di costruzione. L’opera – meridiana – tratta di sculture, di architetture e di luoghi. E Spazio. Perché c’è questo piede che è il luogo della gravità.
Silvia Listorti

Il lavoro (tecnico) di Listorti viene dopo la presa sullo Spazio, che è un’esercizio di imbibizione osmotica spirituale.
La Cappella delle Religiose è uno scrigno nella Colonia, luogo di coltivazione dei silenzi, dove i gesti attenti di Gellner configurano il sacello emotivo.
Una piccola macchina delle relazioni matematiche, apparentemente arginata (in realtà scala il tempo), dove gli oggetti e i fatti plastici trascendono sé stessi generando uno Spazio integrale sospeso compiuto (era già una macchina).
Col quale Spazio non è facile relazionarsi, ci vuole un costrutto coerente e allinearlo.
Una poesia che è una macchina.
Terrà essa un’altra azione compatibile, accetterà o respingerà questo avvicinamento?
Ben decisa e calibrata una ferma carezza soave, qui non una meccanizzazione, la rotazione meridiana impressa al migrare dei fotoni nella polvere avanti ai Quadri di Gellner che si proiettano (senza fluttuare: tu fluttui qui dentro) sul cemento battuto a punta drio l’altare e in terra, che è dove vengono dislocati gli altri materiali scultorei, lì fermi e scorrono, il meccanismo articolato su un perno lento neroleato.
Le Terra Cotte e gli allineamenti, la meccanica celeste che pretende il dominio della tecnica, ecco le opere distese nella misura, e vetri e sabbie e siliconi e la composizione geometrica intuitiva, il lavoro appunto, quanto lavoro ben fatto in complessa orditura, le tecniche di presa che risollecitano trasformano le matrici, la Cappella non cambia ed è nuova, questo passaggio l’ha mossa e la tien ferma,
Tempo, Biga, Taci, Asculta.

Gianluca D’Incà Levis

Foto: Teresa De Toni e S. Listorti

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