Sguardo di Furio Ganz

Ventiquattr’ore dopo il primo sbarco a Corte.

Sento lo spreco, l’abbandono, il fallimento di un progetto bello e utopico a cui per qualche ragione non si è riusciti a tener fede. Una sensazione simile l’ho provata a Rozzol Melara e a Gibellina Nuova, dove dai pochi abitanti si sente il peso della tristezza.
Qui nell’ex Villaggio Eni invece le persone non ci sono, provo uno stato di irrequietezza, come se la Colonia fosse associata ad una catastrofe, come se tutti fossero scappati via dopo il suono di una sirena emessa dagli altoparlanti disseminati nel bosco, mi ricorda alcune immagini di Chernobyl.
Onestamente ancora non so come mai la Colonia sia stata abbandonata ed entrata in disuso, a dire il vero per ora non so quasi niente di questo luogo.
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Questo pomeriggio subito dopo aver visitato parte degli interni ho letto Storie Pallide, libro di apparizioni e leggende legate al paese di Borca di Cadore, l’ho trovato qui negli uffici di Dolomiti Contemporanee e per ora è tutto quello che so su questo luogo.

Ieri, salendo la prima volta dal paese cercavo con lo sguardo il tetto spiovente dell’Aula Magna che avevo visto solo in foto, ma il primo elemento che è saltato al mio sguardo è stato il pennone disadorno del piazzale delle adunate: nessuna bandiera, un luogo ammainato.
Non so perché ma ho ripensato a quell’asta nuda sguarnita questa mattina mentre attraversavo i corridoi e le rampe all’interno della Colonia.
Non avevo mai visto dei corridoi in discesa, ho immaginato migliaia di sassi rotolare giù da quei camminamenti e il suono rimbombare nelle stanze vuote.

Furio Ganz, ottobre 2021

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