Sguardo di Filippo Manzini

filippo manzini a borca, pelmo_foto c. h. andersenLa sensazione è che immergersi nel contesto del villaggio eni, dove esiste e resiste il rapporto tra architettura e ambiente, sia la situazione perfetta per mettere in discussione l’uomo creativo, “l’artista”. il villaggio non è solo opera compiuta nel senso più concettuale e progettuale di rapporto tra natura spazio fisico e design, ma è un luogo fisico reale carico di una passato attivo.

la risposta creativa può essere la più disparata, ciò dipende dal soggetto dalla ricerca e del modo di operare, perché questo luogo, che io vedo come un contenitore aperto, può creare diverse incognite (aspettative?)

i seminari o workshop li sento nascere per questa esigenza: dialogo veramente libero tra artisti, addetti ai lavori e non solo, forse aperto a un ristretto pubblico e interessato, nell’intento di far uscire dal dialogo il senso e la sensazione di ognuno rispetto a questo sito.

fare emergere e rendere consapevole l’artista della propria indipendenza o fedeltà nei confronti del suo agire, questo uno degli obiettivi: lo si mette in discussione, lo si può cambiare, oppure la matrice deve rimanere sempre unica, indifferente alla situazione specifica?
e per creare un ‘azione di consapevolezza è necessario portare in sè radici progettuali psico-sociali, attivando magari la collettività, o è sufficiente operere in una fase concettuale o solamente formale e comunque apparentemente priva di una funzione?

sarebbe altresì interessante passare dal dialogo ad un momento attivo, un laboratorio in cui si metta in campo il proprio, penso ad artisti con esperienza mescolati ad giovani artisti e ragazzi ancora di accademie che forse potranno e dovranno avere da noi uno scambio.

Filippo Manzini

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