Alessandro Pagani / Cuadecuc

Alessandro Pagani, Cuadecuc (anteprima), Sette tele 24×30 cm, olio su tela, 2021, Colonia do Corte, ex alloggi dirigenti, Openstudio olimpico.

 

Le sette tele in mostra rappresentano la fase germinale di un’opera che si presenta come il parassita di un parassita. Cuadecuc (in gergo catalano “coda di verme”, ovvero l’estremità finale di un rullo di pellicola, destinata all’oblio) Vampir venne girato nel 1970 dal catalano Portabella in pellicola 16 mm sul set dove il noto regista (di molta serie B dell’epoca) Jesus Franco stava realizzando la sua opera più “prestigiosa”, El Conde Dracula (coproduzione Inghilterra, Spagna, Germania, Italia), sorta di epigono Hammer fuori tempo con uno stanco C. Lee, che segue pedissequamente il romanzo di Stoker. Dal set di Franco, Portabella estrae un incubo (franchista?) in uno sporco bianco e nero, lo spettro di Dreyer e Murnau, che verrà proiettato ufficialmente solo dopo la morte di Jesus Franco, sfuggendo ad un destino di clandestinità. Il lungometraggio in questione è indefinibile e inclassificabile, nasce rubando le immagini dal set di un film di genere per divenire qualcosa che si posiziona tra il making off e l’underground più allucinatorio.
La serie pittorica che dal film prende il titolo, ne tenta un’impossibile ri-generazione, vagante in una potenzialmente infinita sequenza di immagini che sprofondano nel nero, nel buio. E’e sarà sempre un’“anteprima” in quanto non avente possibile termine e capace di assimilare, fagocitare tutto ciò che incontra sul cammino.

 

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