Sguardo di Alessandro Cristofoletti

Ho messo gli occhi (l’occhio, uno, della macchina fotografica) ad altezza di bimbo, originale fruitore della colonia. Ho provato a tornare io stesso tale, giocando ancora di fantasia con le ombre cinesi, i caleidoscopi e gli specchi. Mi è sembrato che i sogni e i mondi fantastici dei bambini che furono ospiti siano rimasti imprigionati dentro a quei quadrangoli di luce, schiavi di un tempo che non è più il loro. Vagano, così mi è parso, si spostano col sole lungo i corridoi silenziosi, cercando una via di fuga da una cattedrale in rovina.
Cosa ho visto in questa prospettiva? Il riflesso del paesaggio esterno in negativo; cartoline deformate di ciò che si agita fuori, plasmate dalle forme discontinue di superfici irregolari e miste di cemento, intonaco rovinato, legno, termosifoni e pavimenti segnati dal tempo che inghiotte la vita e la risputa, rigenerandola.
Questi frammenti li ha decisi il paesaggio (interno ed esterno), il sole e il suo giro (la fonte di luce) e Gellner (di fatto, allo stesso tempo lo sguardo e la superficie su cui si posa).

Alessandro Cristofoletti

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