Sguardo di Paulina Herrera Letelier

Sugli sguardi che chiacchierano mentre si guardano.
Il mio sguardo assomiglia a una fotografia istantanea, è legato al tempo e al momento.
Quando sono arrivata, all’inizio della primavera, c’era ancora un po’ di neve sulle montagne. Sono all’ingresso della Colonia, ai piedi del monte Antelao. Dall’altra parte della valle ci guarda un’altra montagna, il Pelmo. Questo è il paesaggio di Borca di Cadore.
Prima di arrivare alla Colonia pensavo di concentrarmi su una ricerca sul rapporto fra l’architettura e il territorio. Forse questa ricerca avrebbe avuto senso nel periodo in cui la Colonia e il Villaggio venivano utilizzati come luogo di vacanza. Dopo che il sito è stato dismesso gli edifici della Colonia hanno iniziato un processo di trasformazione e adesso che non sono più abitati come una volta il loro rapporto con il territorio si percepisce come un dialogo basato sulle trasformazioni e nel tempo. Un dialogo fra la pietra e il cemento, fra l’Antelao e la Colonia.
E’ una istantanea per modo di dire perché in quest’immagine si sovrappongono due scatti con tempi di posa diversi.
Quindi è un dialogo che parla di temi, come la trasformazione attraverso il tempo e la velocità con la quale accadono le trasformazioni, ma anche di gerarchie e della forma che la gerarchia può adottare, verticale nel caso della montagna e orizzontale nel caso dell’architettura. Erosione e degrado che scolpiscono la pietra e il cemento e che danno vita a nuove forme e a nuovi spazi e a nuovi modi di abitare.
Quando parla la il Pelmo, da lontano, lo fa con linee orizzontali segnate dalla neve sulle pieghe della sua pelle. Quando parla l’Antelao lo fa attraverso piccoli graffi costanti che si arrampicano verso l’alto. L’architettura parla con segni scivolosi lunghi e orizzontali che si adattano alle forme della montagna. Le parole si incrociano come trama e ordito di un tessuto irregolare dove a volte si creano delle finestre dalle quali la montagna entra nell’architettura.

(Adesso) Sono all’interno della Colonia, in un labirinto di rampe buie, che si percorrono per lunghi tratti e che sembra che portino sempre al punto di partenza. Seguo una strada segnata da buffe luci proiettate sul pavimento e cerco costantemente una finestra che mi permetta di vedere il Pelmo per avere un punto di riferimento con l’esterno, perché la Colonia sembra un mondo a parte, pieno di immagini come quella dei bambini in vacanza, nei dormitori, o quella degli animali che di notte attraversano i corridoi degli edifici (la montagna insiste ad entrare nell’architettura e abitare gli spazi che sono rimasti vuoti). A volte, in mezzo agli scuri corridoi si apre una porta e si illumina uno spazio, uno studio o un laboratorio e da qui iniziano altri percorsi, altre ricostruzioni e altri mondi. 

Sono arrivata alla Colonia un giorno all’inizio della primavera, la neve copriva solo alcune parti della montagna e lasciava nude le altre, mettendo in evidenza tutte le pieghe del suo corpo. Un altro giorno il paesaggio sarà diverso, perché la Colonia e la montagna sono in continua trasformazione, respirano e anche il mio sguardo sarà diverso.

Paulina Herrera Letelier, marzo 2018

 

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